Aristotele by Claudia Baracchi

Aristotele by Claudia Baracchi

autore:Claudia Baracchi [Baracchi, Claudia]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2023-10-31T10:36:17+00:00


5. In margine

Alcune annotazioni in seguito a questi che sono meri appunti sull’“animale imitativo”. Abbiamo visto che in scena è la psyche, la visibilità della psiche in atto, nei gesti e nelle azioni. La struttura del carattere riluce, si rende manifesta e le sue vicende appaiono finalmente situate nella storia, nel mondo, nel fato, nei movimenti della natura. Come in uno sguardo dall’alto (in effetti nel teatro antico lo spettatore guarda verso il basso). Certo, sempre che ci si possa rapportare alla trama rappresentata e riconoscere in essa. Sempre che essa sia verosimile.

Alla fine è lo spettatore a dare conferma, o meno, dell’universalità, della riuscita dell’operazione. È lo spettatore ad autorizzare, o meno, l’analisi della condizione umana implicita nel dramma. Se, cioè, lo spettatore si è trovato implicato, coinvolto, oppure no. Sono qui presupposti un pubblico abituato alla partecipazione attiva, uno spettatore disponibile alla risposta empatica, una ricettività che trasforma, una passività radicale che lavora su di me e fa di me qualcosa d’altro. E ci chiediamo, per contro, che ne è di un pubblico per cui l’arte, il teatro sono diventati intrattenimento, un pubblico passivo solo nel senso di indifferente, consegnato all’atrofia dell’umano. Un pubblico coriaceo, incapace d’incantamento, inebetito dal costante assalto di sempre nuovi diversivi e trattato a furia di effetti speciali, come in rianimazione d’emergenza. Come tanto pubblico dei nostri giorni.

Aristotele insiste sull’importanza del confronto pubblico e con il pubblico, sull’ascolto del pubblico, cioè dell’umano stesso. Intende il pubblico nel senso più ampio, non un ristretto gruppo di colti privilegiati, bensì lo spettatore “medio”; valorizza la medietà (come peraltro nei trattati etici e nella Politica) in quanto riferimento per ogni squilibrio e iperbole che la vita presenta; ed esibisce una peculiare fiducia in una sorta di saggezza stabilizzante che risiederebbe nei grandi numeri, potremmo dire nella normalità delle moltitudini senza nome. Perché gli esseri umani in quanto tali sono non soltanto “sommamente imitativi”, ma anche “secondo natura portati all’armonia e al ritmo”.197 Per una cultura che tende invece ad avvicinare l’indagine sull’umano a partire dalla sua crisi, e quindi dalla patologia, o comunque dalla nevrosi, questo sguardo è certo spiazzante.

È con questo pubblico, con lo spettatore medio, che l’artista è invitato a rimanere in contatto, a cercare l’incontro. È da questo pubblico che l’artista attende conferma. È questo che deve consultare. Non per assecondarlo ma per ascoltarne le risposte. La grande arte (la cultura che noi chiamiamo “alta”, perfino “classica”) è arte popolare. Che significa istintivamente comprensibile “secondo il tutto”, ovvero da tutti. Per questo, oltre alla verosimiglianza, il poeta deve curare la dizione, calibrare l’uso di metafore e termini inconsueti, bilanciare elementi familiari e stranianti, affinché il linguaggio sia suggestivo senza essere inaccessibile.198 Per questo, nelle considerazioni finali sull’eccellenza della tragedia anche rispetto alla poesia epica, Aristotele dissocia la popolarità dalla volgarità. Rispondendo a chi critica la drammaturgia dicendo che “imita tutto” e “per tutti”,199 e che per farsi capire si avvale dei gesti esageratamente enfatici di attori e danzatori, producendo pertanto uno spettacolo degno solo



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